Filmica

  • È divisa nei tre generi che meglio rappresentano la tematica dell'immagine-movimento: la videodanza, il cinema muto, il musical. Per la videodanza abbiamo scelto di mostrare il lavoro della regista, danzatrice e attrice Maya Deren, per il cinema muto forse il pił grande attore/danzatore della storia del Cinema, Buster Keaton e per il musical la coppia che pił di ogni altra ha mostrato la bellezza e la potenzialitą del corpo danzante in relazione al mezzo filmico, Fred Astaire e Ginger Rogers.

    CINEMATICA VIDEODANZA - Sala espositiva

    Maya Deren Lo sguardo che circonda. Maya Deren
    a cura di Annalisa Piccirillo

    Negli anni ‘40 del Novecento, Maya Deren (Kiev, 1917 - New York, 1961) ridefinisce le possibilità cinetiche del corpo sullo schermo. Coreografa, regista, etnografa e scrittrice, Deren è considerata dai critici e dagli storici contemporanei di cinema e danza, l’icona dell’avanguardia cinematografica americana. Il genio del suo sguardo filmico è oggi celebrato per la complessità della realtà poetica – il mondo – che ella ha saputo far ‘danzare’ nella tecnica filmica; come lei stessa ha affermato: “[...] in film I can make the world dance.” Nata in Ucraina come Eleanora Derenkovskaya, negli anni della rivoluzione russa emigra con la famiglia a New York, dove abbrevia il cognome in Deren. Negli Stati Uniti, studia giornalismo e scienze politiche alla Syracuse University, comincia a frequentare gli ambienti socialisti newyorkesi, e si avvicina alle idee femministe. L’interesse per la danza s’intensifica quando Deren collabora con la compagnia di Katherine Dunham, celebre coreografa e antropologa afro-americana, nota per i suoi studi etnografici sulle danze rituali haitiane. Deren resta profondamente affascinata dalle forme spirituali delle danze voodoo, osservate e praticate da Durham, al punto che, dopo un approdo mistico verso la mitologia Hindu, nel 1943 modifica il suo nome in Maya (‘acqua’ o ‘velo dell’illusione’). L’incontro, invece, con il regista e futuro marito Alexander Hammid, consolida lo studio di Deren delle tecniche cinematografiche e quindi la produzione di opere sperimentali attente, in particolar modo, alle dinamiche introspettive della soggettività femminile-femminista. Maya Deren si è sempre dichiarata grata agli insegnamenti ricevuti dai maestri della slapstick comedy, come Buster Keaton e Charlie Chaplin, in particolare investiga la loro produzione sulla resa cinematografica, e sul potenziale tecnico, del sonnambulismo e dello sdoppiamento. Nel 1943, Deren gira il suo primo film dalla narrativa ciclica e perturbante: Meshes of the Afternoon, in cui lei stessa recita con molteplici sdoppiamenti sullo schermo. Il lavoro suscita una notevole influenza e le permette di conoscere intellettuali come Anaïs Nin, John Cage, Gregory Bateson e Marcel Duchamp (con il quale collabora al lavoro artistico-coreografico Witch’s Cradle (1943). L’anno successivo, Deren prosegue la sperimentazione sulla vitalità onirica e realizza At Land (1944). A breve segue A Study in Choreography for Camera (1945), il primo documento di video-danza in cui si cattura la cinetica del corpo in slow motion e in continuità spazio-temporale. Nel 1946, con la partecipazione di Anaïs Nin e dei danzatori Rita Christiani e Frank Westbrook, Maya Deren crea Ritual in Transfigured Time (1946), confermando il suo interesse per il tema della ritualità; mentre in Meditation on Violence (1948) lo sguardo della regista si concentra sul movimento, al limite tra bellezza e violenza, del performer Chao Li Chi. Uno degli ultimi lavori, The Very Eye of Night (1958), girato in collaborazione con la Metropolitan Opera Ballet School, può oggi considerarsi un’avanguardistica intuizione della danza digitale contemporanea; qui i danzatori, come spettri bianchi, ondeggiano nell’immaterialità scenica di uno spazio virtuale, notturno e stellato. La visione delle opere sopra citate saranno offerte al pubblico del festival Cinematica, e brevemente introdotte da Annalisa Piccirillo.

    CINEMATICA MUTO - Sala Didattica

    Corpi ipercinetici. Buster Keaton
    a cura di Silvia Tarquini

    Buster KeatonIl progetto Cinematica prevede una serie di monografie dedicate ai grandi performer del cinema muto, e sceglie di cominciare da Buster Keaton, uno degli autori-attori più affascinanti del periodo. Nome d'arte dell'attore e regista cinematografico statunitense Joseph Francis Keaton (Pickway, Kansas 1895- Hollywood 1966). Attore di musical, passò al cinema recitando dal 1917 a fianco di R. Arbucklee dal1920 in una serie di cortometraggi da lui stesso diretti, che ebbero un rapido successo. Dotato delle qualità del ballerino, dell'acrobata, del clown e del mimo, Keaton creò una personale forma di comicità fondata sul contrasto tra la maschera imperturbabile dell'attore e la convulsa, insensata mutevolezza del mondo che lo circonda. All’immobilità del volto, diventata presto sua nota caratteristica, Keaton unisce doti fisiche straordinarie. Alle prestazioni da acrobata deve il soprannome “Buster”, che in italiano potrebbe equivalere a “Rompicollo”. Quello che soprattutto vogliamo segnalare allo spettatore di Cinematica è la sensibilità di Keaton nel porre le proprie potenzialità di performer in rapporto alle caratteristiche del mezzo cinematografico: come quando, a vantaggio della macchina da presa, riesce a dare l’impressione, grazie alla precisione chirurgica del suo gesto, di essere lui a fermare, con la mano, un treno in arrivo alla stazione.
    Dopo un lungo declino, dovuto all'avvento del cinema sonoro cui mal si adattava il suo tipo di comicità, K. è stato riscoperto e rivalutato a partire dagli anni Sessanta. Vanno ricordate le sue ultime apparizioni ad esempio in Film (1965) unica opera cinematografica del drammaturgo Samuel Beckett.

    CINEMATICA MUSICAL - Auditorium

    Fred Astaire e Ginger RogersFred Astaire & Ginger Rogers

    Il musical americano è il luogo per eccellenza dove l'incontro tra l'immagine filmica e il movimento corporeo si sono incontrati in modi a volte stupefacenti. Abbiamo scelto di iniziare a tracciare una seppur parziale storia del musical attraverso quella che è considerata la coppia più famosa del cinema americano: Ginger Rogers e Fred Astaire, i due ballerini che alimentarono la leggenda del cinema degli anni Trenta dando vita a film di successo internazionale, acclamati dal pubblico di tutti i tempi. Provenienti entrambi dal vaudeville, furono ballerini, attori, cantanti e, talvolta, anche coreografi e, insieme, nei dieci film che li videro protagonisti, riuscirono a ridefinire il genere, rinnovandolo. Esecutori di una danza leggera, molto sofisticata, ironica e romantica nello stesso tempo, basata sull’abilità e sulla destrezza personali, ballarono spesso come solisti, facendo a meno del supporto del corpo di danza, cosa che, comunque, per l’epoca risultava abbastanza singolare. Ginger Rogers aveva debuttato nel 1933 in Gold Diggers of 1933, con la regia di Marvin Le Roy e le coreografie di Barkeley entrando, quindi, nella storia del musical dal portone principale; Fred Astaire, invece, dopo una lunga e brillante carriera in teatro insieme alla sorella Adele (I favolosi Astaire), era approdato al cinema in un film di scarso successo, La danza di Venere, e nel ’33 era stato scelto per affiancare la Rogers in un film di ambientazione esotica, Carioca, con la regia di Thornton Freeland. Fu questo l’inizio, del tutto casuale, della leggenda: i due, infatti, rivestivano entrambi ruoli secondari e lo spettacolo non fu, poi, il successo che la casa di produzione, la RKO (a cui sia la Rogers che Fred Astaire rimasero legati per anni) aveva sperato. Eppure, il mito nacque così, da una sequenza di ballo, eseguita fronte contro fronte, che doveva essere solo una parte di un numero più vasto teso a mostrare la “nuova danza carioca” e in cui era previsto che i due ballassero solo per pochi secondi: il destino passò attraverso quei passi, eseguiti in modo assolutamente naturale e con un affiatamento pressoché inspiegabile tra due che neppure si conoscevano; e il destino volle che insieme, Fred e Ginger, entrassero nella leggenda della storia di Hollywood a passo di danza, con la medesima grazia e leggerezza con la quale erano entrati nella storia del musical.